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Moda – la ricerca per renderla più sostenibile

Accusato di essere uno dei settori produttivi con maggiore e peggiore impatto ambientale, quello della moda è un settore che si sta muovendo affinchè qualcosa cambi e in meglio.

Il convegno dal titolo Moda&Ricerca: la moda italiana che verrà organizzato da CNR, CREA, EFI (European Forest Institute Biocities Facility) e Beste ha visto la partecipazione anche del Gruppo Giorgio Armani, da tempo impegnato sui temi legati alla sostenibilità, che ha avviato nel 2023 il progetto Apulia Regenerative Cotton Project, in collaborazione con SMI, CBA, e coordinato da EFI e CREA’.

E’ infatti in Puglia che si sta sperimentando un modo più sostenibile, sia a livello ambientale che sociale, di coltivare il cotone, per far diventare questa coltura “una reale opportunità agricola e di reddito per il Centro-Sud Italia, creando una filiera produttiva direttamente collegata alla trasformazione e valorizzazione industriale, con marchi italiani di assoluta eccellenza nel campo della moda nel mondo”, così Giuseppe Scarascia-Mugnozza, direttore del Centro sulle Biocittà dello European Forest Institute: “Il progetto pionieristico di creare il primo sito sperimentale di cotone agroforestale rigenerativo in Europa, realizzato presso l’Azienda sperimentale del CREA “Maria Elisa Venezian” a Rutigliano (Bari) è fondamentale per la reintroduzione della coltivazione del cotone in Puglia e in Italia centro-meridionale nonché per generare nuove conoscenze scientifiche per guidare la transizione verso una produzione di cotone positiva per la natura e climaticamente neutra. Avviato nel 2023, si è già ampliato su una superficie di terreno di oltre 5 ettari e con Giorgio Armani e BESTE si punta all’obiettivo di coinvolgere un più ampio numero di agricoltori e di aziende agricole”.

Così in Pugia si sta utilizzando un approccio di agricoltura rigenerativa per la coltivazione del cotone, si sta tentando di ristabilire la produzione di seta di qualità ricostruendo l’intera filiera e per la lana si sta puntando sul recupero della pecora da merinos italiana. Inoltre si parla di un passaporto che, come già succede per i cibi, molti dei quali possono essere tracciati dalla fonte delle materie prime fino alla tavola, anche per gli abiti consenta di tracciarli dal campo in cui è stata coltivata la fibra fino all’armadio.

I consumatori sono infatti sempre più attenti non solo a quello che mangiano ma anche alla storia dei capi che indossano, facendo sempre più spesso scelte improntate alla consapevolezza: una recente indagine IPSOS del 2024, infatti, riporta che il 74% degli italiani sarebbe interessato alla moda sostenibile e questo in maniera trasversale alle generazioni.

L’incontro ha evidenziato la necessità di un’azione congiunta di mondo della moda, mondo della ricerca e delle istituzioni per trovare soluzioni e opportunità per ripensare in ottica più sostenibile uno dei settori chiave del made in Italy.

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